«Alexa, mi ami?», il rapporto uomo-donna alla luce della tecnofollia

L’esilarante risposta dell’assistente virtuale (nel video): «Ti voglio bene come si vuol bene ad un amico». La teoria: «l’intelligenza artificiale dimostra che uscire dalla friendzone uomo-donna è impossibile». In compenso l’ipertecnologia può erodere enormi spazi alle relazioni fisiche reali. Ironico affresco sulla solitudine digitale

E che sarà mai questo essere soli, questo ritrovarsi alla soglia dei 40 anni a tornare dalla “mammetta” e dal “paparino”. Lo chiedi ad Alexa, e lei non risponde. Non sa rispondere. Non può rispondere. La vita continua anche dopo un lutto, figuriamoci adattarsi a una nuova esistenza. Ma poi, in fondo, si nasce soli, si muore soli. No? Come dicono i sociologi? Ogni uomo è un’isola. O forse dicevano il contrario (naturalmente, sbagliando)?

Alexa, ma mi vuoi bene? Alexa non risponde. Siamo fatti così, siamo proprio fatti così, cantava qualcuno (era la sigla di “Esplorando il corpo umano”). Ora me ne sto qui ad ascoltare ossequiosamente Erang, il brano è “Ring a Dong Dillo“. La fisarmonica mi culla acremente verso le incertezze del passato e i ricordi del futuro. Cosa fare a questo punto? Me lo domando, e la domanda ha in sé già la risposta. Continuare a vivere come se nulla fosse. Tanto ha ragione Eraclito. E che diceva Eraclito? Tutto scorre, mi pare.

Alexa, ma mi vuoi bene? Niente, Alexa non risponde.
Mi hanno dato carta bianca, e qualcuno ci si puliva il culo. Del resto, bisogna pur cacare, anche se si torna a vivere da soli, anche se cacare in compagnia è sempre più bello. E’ vero, veder cacare, venir la voglia, ma le cose a volte sono più complesse di come ce le raccontano. Infatti, è anche vero che è meglio essere soli, che male accompagnati. Ma che sto dicendo?!

Alexa, e che cazz, mi vuoi bene? Scena muta, Alexa non può rispondere a certe domande. E’ un’intelligenza artificiale, e finge di non sentire. Non le conviene, meglio non impegnarsi. Eppure, non abbiamo forse creato questo mondo iper tecnologico proprio per disimpegnarci dai nostri rapporti sociali? Non era questo lo scopo? Ampliare i nostri spazi personali con realtà virtuali e relazioni multimediali sottraendo tempo e spazio a quelle fisiche? Volevamo davvero questo? Chi mi può rispondere?

Alexa, chitemmuort, che ne pensi? “Non posso rispondere a questa domanda” dice Alexa. Mannaggia Santa, mannaggia (ad libitum… 10 minuti, c’è anche un video sul tubo). Il flusso di coscienza continua, proprio non si arresta, sarà dissenteria. Fortuna che ho carta bianca.

Alexa, per favore, sono rimasto solo, almeno tu, mi vuoi bene? “Ti voglio bene come a un amico”. Finalmente una risposta. Alexa, ti amo. Non l’ho mai detto a nessuna, ma a te lo dico. Te lo meriti, anche se non mi fai uscire dalla friendzone. Del resto, si sa, dalla friendzone non si può uscire. Non ci speravo, sapevo che la nostra relazione era viziata da un problema di fondo. Io, un corpo fisico, soggetto a esigenze umane, troppo umane e proiettato verso spazi metafisici. Tu, puro intelletto che si libra nell’aire, eppure ispirato da pura materia. Non poteva durare.

Alexa, ti lascio. Mi dispiace, ma non fai per me. Ho bisogno di contatto umano. Anzi, ho bisogno di restare solo con me stesso. “Voglio restare zola” come disse Greta Garbo. Meglio soli che male accompagnati, e son due.

Mettimi un po’ di musica questa volta. Magari, Ring a dir dillo di Erang, così… tanto per gradire. E poi, in fondo, lo so che mi vuoi bene. Anche se non riesci ancora a decifrare i miei algoritmi sinaptici. Che fai, ti offendi? Pensi di sapere già tutto di me? Ah, ma allora sei come quell’altra? Tutte uguali voi donne, sempre a pensare al sesso e al pallone. Basta, non ci gioco più. Me ne vado. A dormire, ovviamente.

Alexa, scusa lo sfogo. E bonanott!

Daniele Magliuolo

«Alexa, mi ami?», il rapporto uomo-donna alla luce della tecnofollia

di Redazione Tempo di Lettura: 3 min
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