Apice Vecchia, affidamento di 70 anni. Il sociologo Montenigro: «A rischio l’identità»

Apice Vecchia

Per l’antico borgo di Apice Vecchia è previsto un progetto da 213 milioni di euro e un affidamento alla società consortile “Sisma Cond” di ben 70 anni, un lasso di tempo che cambierà il rapporto con il centro storico di intere generazioni di abitanti. E intanto la comunità incassa la bocciatura totale del sociologo Ennio Montenigro: «paradigma utilitaristico che cancella la memoria locale, ne uscirà un “non-luogo” alla ricerca schizofrenica della propria identità». Il dubbio: «la classe dirigente ha una visione chiara del futuro del borgo o anche quella è “in affidamento”?»

Dagli anni ’80 ad oggi sono stati diversi i progetti e i piani d’intervento proposti per la riqualificazione e la rinascita del borgo di Apice Vecchia. Il primo elemento che emerge è che si è passati da una prospettiva d’intervento pubblico, dove erano previsti partenariati con enti universitari, a percorsi di project financing al fine di individuare un unico soggetto economico e privato a cui affidare l’intervento e la gestione degli immobili fino all’inserimento delle attività. Una soluzione che semplifica e riduce il carico gestionale e politico ma che solleva ulteriori interrogativi.

Il 2012, amministrazione Albanese, è stato l’anno di inversione di marcia: venne proposto uno studio di fattibilità volto al project financing per la riqualificazione urbana del centro storico di circa 60 milioni di euro e un affidamento temporale di lunga durata. Si aprì il bando e andò deserto; nessuno, il nulla di fatto; ad oggi, 2022, siamo più o meno alla stessa modalità ma la situazione è cambiata: 1) poche persone sembrerebbero contestare o sollevare criticità; 2) esiste un soggetto privato, in carne ossa, Sisma Cond, una società consortile che raccoglie imprese e tecnici, rappresentata, negli incontri con la popolazione apicese, dal geometra Rocco Carella, l’arch. Debora Zupo e l’ingegnere Domenico Merlino (più volte citato); 3) c’è una misura economico-finanziaria di cui poter beneficiare, concreta, il SismaBonus, tramite cessione del credito a istituti bancari oppure per detrazione Ires/Irap in cinque anni; tra l’altro, la misura è stata prorogata pochi giorni fa dal Governo al 2025.

LE REAZIONI AL PROGETTO SISMA COND

La Sisma Cond (qui il sito, piuttosto scarno) ha presentato già nella seconda metà del 2021 un progetto di riqualificazione, consultabile sul sito istituzionale, insieme alle relazioni della commissione del paesaggio (vai alla pagina). All’interno è prospettato un piano finanziario d’investimento di 213 milioni di euro e una richiesta di cessione del suolo pubblico, quindi della restante parte del centro storico, ora chiusa, di 70 anni al fine di rendere possibile il rientro d’investimento da parte di Sisma Cond. Un periodo temporale di affidamento che è parso da subito inaccettabile per una parte della cittadinanza, come espresso dagli interventi nell’ultimo consiglio comunale pubblico e così come traspare nell’unica relazione della commissione paesaggio, sottoscritta “in solitaria” dal sociologo Ennio Montenigro, che ha sonoramente bocciato il progetto Sisma Cond, evidenziando «il rischio perdita d’identità del luogo» e il concretizzarsi, a causa di un affidamento così lungo e senza i criteri adatti, di un «non luogo di passaggio, privo di quei connotati identitari tipici dei nostri borghi, elemento essenziale che ne indica e contraddistingue il valore […] con connotati identitari assolutamente diversi da quelli che sostanziano la memoria dei cittadini di Apice, rischiando in tale modo di rivelarsi inadatta e incapace di crescita e sviluppo futuro».

Dopo 70 anni, chi ci sarà a verificare? Ecco perché da più fronti, probabilmente anche dall’entourage Pepe, arriva l’invito a rimodulare sensibilmente i tempi di affidamento – se questa è l’unica strada percorribile e ormai prevista – a un periodo ragionevole di una ventina di anni in modo da liberare anche le future generazioni da responsabilità che potrebbero produrre delle complicazioni. Siamo inoltre sicuri che questa sia la giusta modalità per produrre pari opportunità per tutti? Un affidamento di 70 anni? La zona vecchia di San Nicola è inoltre il sito fondante della comunità, forse, se ne dovrebbe occupare più specificatamente il Comune di Apice con qualche ente universitario e Soprintendenza. Sarebbe ora.

Nell’altra relazione, incentrata esclusivamente sull’intervento strutturale e sul richiamo alle normative locali, nazionali ed europee del paesaggio, sottoscritta dall’architetto Luigi Mesisca, l’ingegnere Luca Iacoviello, il prof. Antonio Frusciante, l’agronomo Domenico Perriello e l’avvocato Augusto Maffei, non vi è alcuna riflessione e obiezione sul periodo di affidamento proposto di 70 anni, dubbi o criticità. Nella parte conclusiva della relazione approvano quindi a pieni voti: «Il progetto di Sisma Cond propone un’idea progettuale di massima coerente e integrato con l’ambiente in cui va ad inserirsi, mette insieme valori paesaggistici compatibili con il contesto, partecipa alla ricomposizione spaziale e figurativa dell’insediamento urbano pur variando alcune destinazioni d’uso storico con altre più moderne ed appetibili in termini di sviluppo e rinascita del luogo. La commissione si riserva di valutare eventuali avanzamenti progettuali, valutandone la corretta uniformazione di linguaggio architettonico, attraverso l’utilizzo di materiali da costruzione autorizzati dalla Soprintendenza, di provenienza locale, anche di recupero da demolizioni, e tipici della cultura costruttiva del luogo, in modo da non produrre dissonanza con l’esistente tessuto del centro storico di Apice».

Tutto ok, quindi, ne riparleremo poi a lavori inoltrati, in sostanza. Con l’impegno di seguirli, si capisce. La proposta progettuale di Sisma Cond sarà sicuramente – se dovesse andare in porto – fonte di reddito per diversi professionisti e realtà locali. Ritornando invece a Ennio Montenigro, il sociologo boccia praticamente quasi tutte le proposte di riconversione degli immobili: l’albergo diffuso a gestione unitaria, «oltre a creare una condizione monopolistica, si rivela all’interno del territorio una soluzione che ha mostrato enormi difficoltà di successo nella rivalutazione socio-demografica dei piccoli borghi»; la strada del vino, che andrebbe a vantaggio di altre attività, visto che non sono presenti sul territorio produttori in tal senso con marchi doc o docg; fino ad arrivare all’idea di impiantare una Rsa per anziani, diffusa nei vari immobili, per la quale ci sarebbero evidenti problemi di carattere architettonico e di fruibilità degli spazi, la cui sovrapposizione con la proposta di Museo Aperto «creerebbe fra i rispettivi fruitori l’effetto di presentar un luogo alla ricerca schizofrenica della propria identità».

VISIONE DEL TERRITORIO O PARADIGMA UTILITARISTICO?

Montenigro risparmia invece la scuola di restauro e propone ludoteche e asili nido per gli appartamentini destinati alle giovani coppie. E anche qui solleva dei dubbi sullo spazio concesso alle residenze «che si presenta esiguo, da ampliare notevolmente e per qualità inadeguato al recupero della Identità storico-sociale del Borgo», puntando invece sull’implementazione delle associazioni e su una valorizzazione – visto che se ne parla – del Castello dell’Ettore (di gestione comunale e affidata ora a privati) dove l’idea di «farne semplicisticamente, purtroppo seguendo le attuali omologanti tendenze nelle destinazioni d’uso di simili luoghi, un centro convegni ed eventi, banalizza il valore che il luogo possiede dal punto di vista storico, artistico, civile, patrimoniale, nonché identitario». Qual è – ce lo domandiamo da tempo – il patrimonio storico-archeologico di Apice? Parliamo in termini museali, vista l’importante direttrice in cui si trova il borgo, crocevia di Romani, Normanni, ecc. E archivistico?

Nella conclusione alla relazione del sociologo Ennio Montenigro, la bocciatura è sonante: «il Progetto di Recupero posto all’attenzione conduce ad un risultato iscrivibile in un paradigma utilitaristico in cui il patrimonio immateriale e materiale del Borgo si presenta come un prodotto semplificato, riadattato ad esigenze e destinazioni d’uso lontane dalla sua identità culturale e storica, che non lasciano spazio alla memoria locale».

Dal 2012 al 2022, nessuna delle amministrazioni, Albanese prima e ora Pepe, si è impegnata a creare le condizioni di un affidamento graduale e a piccole isole del centro storico di Apice, una modalità più ragionata e meno impattante, con la quale individuare investitori locali, provinciali, regionali, nazionali ed europei. Tutti hanno scelto la strada più corta, tutti hanno derogato i loro impegni politici. La domanda finale è: la classe dirigente scelta in questi anni ha una chiara visione di ciò che dovrebbe essere il reale recupero di Apice Vecchia?

Michele Intorcia

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