SURF SULL’ISAR E DIVIETO DI BALNEAZIONE A BENEVENTO

Il Fiume Isar a Monaco di Baviera è l’esempio europeo di come sia possibile rigenerare un corso d’acqua inquinato e renderlo nuovamente balneabile. È un modello che con bMgazine seguiamo da anni, tant’è che si è riusciti a instaurare un rapporto di amicizia e collaborazione con uno dei maggiori fautori di questa rivoluzione green realizzata quindici anni fa nelle terre bavaresi, l’attivista e biologo Nico Dorig, ospite l’anno scorso ad Apice Vecchia nel Sannio in occasione del “Borgo e Il Fiume” e dell’ Erasmus europeo “Ride”. L’Erasmus vede coinvolti cinque Paesi, Italia, Germania, Portogallo, Slovenia e Grecia, che stanno lavorando anche alla ricerca, nel caso del Sannio per il Fiume Calore e per il quale è prevista un’attività di “inseminazione”.

Il manifesto tedesco del Fiume Isar è una possibilità per i fiumi italiani. Oggi, in città, nell’Englischer Garten (il Giardino inglese) è addirittura possibile surfare, migliaia di persone e famiglie assiepano le sponde, mentre i più giovani si lasciano trascinare dalla corrente per centinaia di  metri; sotto i ponti della capitale, la gente prende il sole e fa il bagno, cerca quiete nel caldo d’agosto, tutte pratiche che si traducono in benessere e migliore qualità della vita. Non è stato facile realizzare questo, ha raccontato Dorig, ma tanta, costante e bene indirizzata è stata la volontà di attivisti e popolazione affinché si mettesse la politica con le spalle al muro. Da quindici anni l’Isar è balneabile e come è stato possibile è raccontato in buona parte nel reportage realizzato questa estate tra Monaco di Baviera e Murnau. L’inizio – raccontato in una corrispondenza che va avanti da anni con Dorig – avviene nel 1992 e si protrae fino al 1994, con il  risanamento del fiume presso Mühltal, in occasione della nuova concessione per una vecchia centrale idroelettrica.

«Questo è stato il primo e più difficile passo: la nuova concessione per la centrale idroelettrica Mühltal è stata la prima di circa cento concessioni che dovevano essere rinnovate – scriveva Nico Dorig.  Quindi l’ho visto come molto importante. Così mi sono organizzato per ottenere tutte le informazioni necessarie e ho creato l’alleanza Isar con tutte le Ong, organizzazioni sportive e ricreative con circa 500.000 membri».

Il secondo passo, invece, è stata la rigenerazione dell’Isar a Monaco dal 1995 al 2008, un corso d’acqua che per molti anni ha rappresentato uno dei fiumi più bistrattati e inquinati d’Europa. Anche qui, il braccio di ferro tra Istituzioni politiche e cittadini è andato avanti sulle modalità d’intervento governative, queste ultime contestate aspramente dall’Alleanza e dal Partito dei Verdi, fino all’applicazione delle direttive europee sulle acque di balneazione e all’intervento fifty-fifty d’investimento proposto dai cittadini ai Comuni bavaresi. Dal ’92 sono stati necessari sedici anni per rendere l’Isar balneabile e ricostruire quel forte legame che c’era un tempo tra il fiume e la popolazione e che oggi con notevole tenacia si è riusciti a far rinascere grazie al coinvolgimento dei Comuni, ai quali è stato chiesto di tutelare e pulire il tratto di fiume che attraversa il territorio di competenza e di investire con i comitati cittadini. Nel Sannio, invece, le responsabilità e la gestione sono in capo a Provincia, Regione, un commissario straordinario per la depurazione e i Comuni per la loro parte legata sempre ai depuratori, mentre nel frattempo, da anni,  vige l’ assoluto divieto di balneazione per tutto il Calore che bagna le terre sannite.

bMagazine ha raggiunto Antonio Basile, presidente Legambiente Benevento, a cui si è chiesto, prima di tutto, un commento sul reportage del Fiume Isar a Monaco di Baviera. 

 «Quello che hanno fatto lì è molto interessante e chiaramente si evince una sinergia tra i vari attori, come i Comuni coinvolti; il problema è che qua manca la sinergia e bisogna cercare di costruire azioni identiche e messe in atto da tutti gli Enti coinvolti: al discorso della balneabilità è legato quello della depurazione degli scarichi privati, delle aree industriali e di attività di altro tipo. Certo sarebbe una cosa fantastica tornare a quello che era il passato, perché prima il bagno nel fiume Calore si faceva, almeno a memoria degli anziani della mia famiglia, comunque anche il solo fatto, come si vede nel filmato, di poter andare lì, magari solo per prendere il sole, passare qualche ora così all’aria aperta, sarebbe importante, garantirebbe comunque nuovi spazi pubblici, che poi può interessare più Comuni della provincia di Benevento e anche delle province limitrofe».

 Qual è lo stato del contratto di Fiume del Calore, a che punto siamo?

«Dalle notizie che ho, l’anno scorso è stato sottoscritto alla Provincia di Benevento un documento programmatico per l’adesione al contratto di fiume Basso Calore, il cui Ente capofila è il Parco Regionale del Taburno – Camposauro. Nel frattempo, nell’ambito dei poteri ordinari degli Enti competenti, la Provincia ha effettuato degli interventi di manutenzione straordinaria dei tratti fluviali urbani. A mio avviso sarebbero sufficienti tali poteri per dare decoro, riqualificare ed anche sviluppare i nostri fiumi molto più di quanto non lo siano, previa allocazione dei fondi necessari.

In effetti, come al solito, in Italia c’è una grande iper-legiferazione: i contratti di fiume provengono dalla normativa europea, recepiti poi da una legge regionale del 2019, un po’ una ripetizione di quelli che sono i poteri che il nostro ordinamento da’ agli Enti territoriali, quindi Provincia, Comune e Regione.

Non vorrei che si perda tantissimo tempo per fare questi contratti di fiume e poi non si facciano interventi importanti dal punto di vista strutturale, quindi la realizzazione di nuove opere, nuovi argini e quant’altro».

Quando si discute di opere pubbliche bisogna sempre stare attenti e specificare di che tipo di opere stiamo parlando, perché sai che in Italia e nel Sannio, ma come del resto stava per accadere anche in Germania, si progettano opere di cementificazione al solo scopo di muovere denaro; concludendo quindi, potresti specificare meglio di che tipo di opere parliamo?

«Sì, infatti, è bene specificare opere di ingegneria naturalistica, che vanno a minimizzare l’impatto del calcestruzzo armato e di quelle che sono le opere impermeabili; alle volte basterebbe semplicemente attivare strumenti di pianificazione nelle aree che sono a ridosso del fiume, come prevedere dal punto di vista urbanistico una serie di funzioni, come la possibilità di aprire un bar, un circolo di canottaggio o di pesca, ecc.; la possibilità che tu dai a un privato cittadino di aprire un’attività sostenibile può andare a rivitalizzare una zona a bordo del fiume, specialmente nelle aree che sono già urbanizzate e quindi senza la necessità di un intervento diretto della pubblica amministrazione, ma solo dal punto di vista della pianificazione».

Qual è la tua percezione dell’impegno e le competenze politiche a riguardo del contratto di Fiume nel Sannio e in generale ad una azione – se esiste – di rigenerazione del Calore?

 «A livello locale non mi pare che la questione sia in cima alle priorità, per quanto riguarda gli Enti di area vasta, potrei anche diciamo così capirlo perché tra mille problemi e mille difficoltà quello dello sviluppo fluviale può sembrare una priorità secondaria; da parte dei Comuni invece ci potrebbe essere più interesse. Teniamo anche conto che i Comuni vengono da dieci anni in cui sono stati martoriati dalla carenza di personale, carenze di fondi e quindi abbiamo spesso amministrazioni che inseguono le emergenze giorno per giorno. Quella che manca spesso è una volontà pianificatrice. Per la rigenerazione del Fiume Calore serve soprattutto la pianificazione, bisogna fare un lavoro molto a monte i cui effetti poi si vedranno anche dopo cinque anni».

Com’è infine la questione depuratori a Benevento? Che situazione c’è?

Ci sarebbe un libro da scrivere sui depuratori a Benevento – dice Antonio Basile  –  perché la storia inizia quasi quarant’anni fa, con un primo progetto; per fartela breve, per colpa dell’inerzia delle varie amministrazioni che si sono succedute, ci sono alcune aree della città che non sono servite dal depuratore, peraltro anche aree molto importanti, come Rione Libertà, che ha 20.000 abitanti e che scarica vicino al Ponte Leproso, successivamente lo scarico è stato spostato un po’ più a valle in modo che i turisti che vanno sul ponte non sentano la puzza. Poi c’è un altro scarico a Ponticelli, insomma, tutta una situazione ingarbugliata.

Oggi i poteri dell’amministrazione comunale sono un po’ ridotti perché c’è un commissario alla depurazione che ha assunto a sé questo procedimento di realizzazione del depuratore.

Una delle prime cose che facemmo con Legambiente appena costituito a Benevento fu di sollecitare molto l’allora neo-insediata amministrazione, poi rieletta,  per accelerare e per cercare di spendere tutte le risorse possibili per installare un sistema di depurazione, perché è una cosa vergognosa che una città come Benevento non abbia il depuratore, provocando tra l’altro un danno enorme a tutti i Comuni che stanno a valle fino al casertano e poi al litorale.

L’iter burocratico sembrerebbe che sia al punto tale che entro la fine dell’anno dovrebbero essere appaltati i lavori, poi sulla soluzione progettuale francamente non sono molto informato perché non ho visto il progetto, va bene gli annunci che hanno fatto, ma mi sembra che ci sia un po’ di confusione se fare un impianto o due impianti, un po’ per problemi di natura altimetrica, perché Benevento è molto bassa sul livello del mare e chiaramente l’acqua ha bisogno di defluire nella fogna; francamente, non ho capito dove li metteranno, ma la cosa importante è che si faccia, magari appaltando effettivamente entro il 2023, anche perché c’è un onere che ricade sui cittadini, perché paghiamo all’Europa una infrazione per la mancata depurazione e una parte della sanzione alla fine più o meno direttamente la paghiamo noi, perché non abbiamo un impianto di depurazione adeguato e inoltre paghiamo anche l’inquinamento.

Chiaramente il primo passo per avere un fiume come quello del video del fiume Isar è avere degli scarichi puliti. Sulla depurazione non si può pensare di lasciare i Comuni da soli, quindi, è vero che qui c’è un commissario, ma è vero che c’è una struttura regionale e per far partire l’iter, per farlo accelerare, ci vuole l’impegno di tutti gli attori istituzionali anche a livello regionale e ministeriale.