«Faccio musica elettronica per distorcere il capitalismo», la ricerca sonora di Dylan Iuliano

Dylan Iuliano

Da “Inner Capitalism” a “Xenboi”, l’accelerazionismo sonoro del giovane producer campano Dylan Iuliano, in arte “The Delay in the Universal Loop”, rimastica Mark Fisher, PC e pop music. E attraverso “Lick the Witch” Iuliano fa i conti con un’epoca musicale tutta da distorcere e rileccare, in vista della detonazione finale

Da anni il producer sannita Dylan Iuliano (già “The Delay in the Universal Loop”) conduce un’esplorazione sonora del capitalismo e dei suoi rapporti con la musica elettronica. 2 anni fa l’album “Inner Capitalism”, disco distorto e iper-frammentato che «evoca l’estasi dell’internet in un’epoca di capitalismo interiorizzato e accelerato». «Un album – spiegava Iuliano – sulle forme interiorizzate di Capitalismo, sul misurare il proprio valore in base alla propria produttività e sul senso di colpa irrazionale che deriva dal non soddisfare le aspettative sociali. Ma soprattutto un album per esorcizzare tutta l’ansia e l’impotenza che la mia generazione sente nei confronti di quest’epoca surreale». Un proposito portato avanti nell’album “Xenboi” (in collaborazione con il concittadino Carlo Zollo), incentrato sulla «malinconia da millennial nella provincia italiana con tutte le sue contraddizioni e meraviglie, un disco di chi, dalla penombra delle serate passate tra le montagne bevendo vino scadente, guarda lo spirito dei tempi scorrergli attraverso senza poterlo realmente toccare».

Non a caso Iuliano, archiviata una stagione di tour a livello mondiale (con oltre 30 tappe tra Europa, Stati Uniti e in Messico), vive nel centro della periferia delle colline di Benevento, dove registra e medita sulle sorti di musica elettronica e del capitalismo. Una scelta che non ritiene “romantica” e realmente alternativa in quanto i paesaggi dell’entroterra campano, pur apparendo ai margini del capitalismo, sono parimenti sfibrati dalle logiche del consumo e da un neocolonialismo economico che non risparmia né centri né periferie. Per la critica Letizia Bognanni il compositore di musica elettronica «non ha paura del capitalismo in sé ma del capitalismo dentro di sé (…) e sceglie la fuga attiva in un universo dove le pulsazioni electro, gli inaspettati sprazzi di melodia quasi pop e le nebulose industriali convivono in un panorama sonoro che cura e insieme nutre le nostre inquietudini».

Dylan IulianoSe per lo scrittore Mark Fisher è oggi più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo, Iuliano punta (in netto anticipo sulla guerra nucleare di Putin e Biden) sull’idea di accelerazionismo per anticipare la detonazione. «La mia musica risponde all’esigenza di velocità e immediatezza della fruizione capitalista dell’arte ma in cerca di guardare avanti, di distorcere il capitalismo usando le sue stessi armi e farlo implodere sonoramente». «Si viaggia chiusi in una sala macchine in pieno crash – scrive Ernesto Razzano – ma che mantiene una sua logica nella distorsione, modulando gli sbalzi, come la rincorsa necessaria a urlare a squarciagola del pericolo imminente. E’ l’urlo non ascoltato del capitalismo in agonia prima del lockdown pandemico. Dylan non è un veggente, ha composto questi brani in tempi non sospetti, non sapeva del virus, ma sa della malattia congenita del sistema che, stremato, cerca punti di sfogo e fuoriuscita, evidentemente incontrollabili, anche nella musica. Questi però sono anche i suoni della rinascita possibile, in un nuovo brodo primordiale, che fanno amicizia con un silenzio inedito».

Dopo aver attraversato l’Europa e l’Atlantico, la progettualità di Iuliano è tornata a casa con “Lick the Witch” (letteralmente “Lecca la strega”), primo capitolo della raccolta “Beneventowave” che raduna trent’anni di musica e sperimentazione elettronica nel Sannio. La compilation, proposta in edizione limitata dall’etichetta indipendente “Bulbless” (fondata da Iuliano con la graphic designer Graziana Zampetti), è curata dal producer con il contributo di Mauro Mattei. Il lato A della compilation ospita la musica per videogames di Vanni Miele, che ha contribuito a introdurre un’intera generazione di millennial al genere elettronico, il synth-pop di Forever Alien, Policrom e Florens, l’hyperfunk di Miami Mais, le sonorità destrutturate di Woski, il post grunge-step di Memoize, la darkwave di Carlo De Filippo, la musica house di Caesar. Il Lato B della compilation è quello più “oscuro e dilatato”, con artisti come Floweywey, Evod, Oisel, Divide, Francesco Piscosquito, Faintin’ Goats, Arturo Camerlengo, Atto Seguente e Buonarroti. «Ci sono cose – spiega Iuliano – che sono passate sulla storica radio di Seattle “Kexp”, la più importante degli USA per la musica indipendente, ed elogiate da “Thump”, testata statunitense baluardo della musica elettronica; c’è musica finita in decine di migliaia di case attraverso videogiochi popolari. C’è tanta musica, insomma, che ha scavalcato notevolmente i confini del Sannio».

Dentro “Lick the Witch” c’è, anche, il bilancio di un’epoca e di una fermento al contempo geolocalizzato e senza confini. Obsolescente come la tecnologia che la genera, la musica elettronica ha contribuito e sta contribuendo a definire in maniera determinante l’orizzonte estetico della società contemporanea e, soprattutto, a raccontarne l’asfissia con le sue dissonanze e distorsioni. Con il suo accelerazionismo sonoro che rimastica pc music e Mark Fisher («è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo»), Iuliano continua a cercare, «dalla periferia dell’impero, i suoni dell’universo» (Razzano), il delay nel loop dell’esistenza universale.

(a cura di apl)