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Il processo Pasolini a Benevento

Incontro sulla disavventura giudiziaria de “I racconti di Canterbury”, processo che ha avuto luogo nel 1972 in una città già allora schiava del suo ormai atavico provincialismo Giovedì 21 Aprile, presso Palazzo Paolo V, alle ore 17, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura di Benevento, avrà luogo l’incontro “Il processo Pasolini – Benevento 1972”, da un’idea di Alessandro Rillo. Interverranno il Magistrato Simonetta Rotili, l’autore Alessandro Viola, lo storico d’arte Francesco Morante, moderati da Tullia Bartolini.

Cominciò proprio a Benevento la disavventura giudiziaria patita da Pier Paolo Pasolini per la sua pellicola “I Racconti di Canterbury”, prodotta dal napoletano Alberto Grimaldi e proiettata il 2 settembre 1972 presso il cinema-teatro Comunale, gestito dal beneventano Salvatore Iannella. Sulle vicende di questo film rimangono due foto emblematiche: una di Pasolini che riceve a Berlino l’Orso d’oro, alla presenza di Aldo Moro, e un’altra con il regista presso il Tribunale di Benevento in piazza Guerrazzi, mentre, affiancato dagli avvocati Massaro e Luigi Vessichelli, legge l’iniziale sentenza ( n.308 del 20 ottobre 1972 – Presidente Daniele Cusani, giudici Alfonso Bosco e Bruno Rotili) di assoluzione con formula piena (“perché il fatto non costituiva reato”) da parte del Tribunale di Benevento in relazione alla denuncia per oscenità.

L’imputazione affermava che: «l’idea conduttrice del film è il disancoramento totale della sessualità da criteri deontologici, e l’idea non è proposta come prodotto del pensiero, ma come vaga giustificazione di un’opera di suggestione esercitata non sulle facoltà intellettuali, ma a livello dei sensi e dell’istinto. Il tutto in un contesto di belle fotografie e di paesaggi privi di un valore artistico complessivo e di sintesi che annulli la sconcia volgarità delle scene erotiche e la prolungata esposizione del nudo non estetico ma pornografico e che valga a farla considerare opera d’arte». Di contro, un passaggio della motivazione di assoluzione dovuta alla raffinata penna del presidente Daniele Cusani: «Il film è dunque opera valida a rinfacciarci i mali spesso ipocritamente celati, incita lo spettatore a riflettere sulla propria condizione e a sperare in un mondo individualmente e socialmente migliore. Opera d’arte, dunque, anche per il contenuto d’intuizione universale, per la fiamma ideale che suscita, per l’elevatezza dell’aspirazione mistica cui conduce…»

Su questa sentenza si è svolto anni fa un incontro pubblico, organizzato dalla Compagnia Stabile Solot presso il Mulino Pacifico, con il giudice Alfonso Bosco, il giornalista Paolo Speranza e con lo scrittore Rito Martignetti, che nel 2006 ha dedicato al processo un articolato saggio. Nel 1973, l’avv. Francesco Romano in un approfondito dossier edito dal “Centro meridionale di studi socialisti Pasquale Martignetti”, aveva ricordato l’annuncio televisivo, avvenuto 3 aprile 1973, di un colpo di scena imprevedibile: la Corte di Cassazione aveva preso la decisione secondo cui «il film denunciato per oscenità, anche se mandato assolto con formula piena, non può essere dissequestrato sino a che non si sia concluso l’iter giudiziario delle impugnazioni e la sentenza non passi in giudicato». I Racconti di Canterbury venivano così sottoposti nuovamente a sequestro e tolti dalla circolazione. La gravissima sentenza, definita liberticida e “una caccia alle streghe” da Le Monde , comportò proteste a non finire e innescò ulteriori passaggi fino alla pronuncia della Corte Costituzionale, pochi mesi prima del brutale assassinio di Pier Paolo Pasolini all’idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975. In totale i procedimenti giudiziari subiti dal regista, nato il 5 marzo di cento anni fa a Bologna, furono 33 in 25 anni.

Emi Martignetti