La storia di Luca Nisco, il rider licenziato per aver strappato un biglietto fascista

La consolazione di questo 25 aprile si chiama Luca Nisco, uno dei tanti sanniti espatriati a Bologna, che ha celebrato il giorno della Liberazione rifiutando di comportarsi da collaborazionista con committenti neofascisti e giocandosi così il posto di lavoro, almeno per il momento.

Di suo già fa il rider, quindi dev’essere necessariamente dotato di spiccate capacità resistenziali. Proprio il 25 aprile gli tocca consegnare un paio di bocce in uno dei quartieri più ricchi del capoluogo emiliano, San Mamolo. Insieme alle bottiglie un biglietto – non chiuso, aperto e leggibile, particolare probabilmente importante per valutare la violazione della privacy accampata dall’azienda per il licenziamento: «In questo giorno di lutto, che il nostro Duce possa guidare da lassù la rinascita». Nisco arriva al domicilio indicato, consegna le bottiglie e strappa il biglietto davanti alla destinataria.

Questa le chiede cosa ci fosse scritto e lui risponde: «Oscenità» (difficile trovare una definizione più precisa nella lingua di Dante, recentemente onorato nel settecentenario). Un gesto forte e dovuto, soprattutto nel giorno commemorativo dei tanti partigiani che, a questo punto forse avventatamente, diedero la vita per garantire libertà di pensiero e di espressione anche a gente come l’autore del biglietto. L’azienda licenzia in tronco il rider, senza peraltro – denuncia Nisco – «una comunicazione chiara e diretta da parte dell’azienda» (solo una comunicazione di annullamento di tutti i turni per un «comportamento scorretto tenuto durante lo svolgimento di un job», notificato da una piattaforma intermediaria che ingaggia i rider per Winelivery). Per avere ragguagli Nisco è costretto a contattare un avvocato (se sarà il caso, proveremo a lanciare un collettone almeno per le spese legali).

«Alla voce ’termini e condizioni’ – spiega intanto l’azienda al “Il Resto del Carlino” – ci riserviamo il diritto di non consegnare un biglietto in caso in cui sia contrario al decoro, all’ordine pubblico, offensivo». Dunque, come nota la testata simbolo di Bologna, più che nel gesto drastico di Luca l’errore è stato a monte, nella trascrizione di «un bigliettino contrario alla legge: parliamo di apologia di fascismo». In attesa della magistratura, mandiamo a Luca il più sentito ringraziamento degli antifascisti beneventani. Non che si sia poi in molti, ma sappi che andiamo immensamente fieri di te.

Nicola Savoia

La storia di Luca Nisco, il rider licenziato per aver strappato un biglietto fascista

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