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L’arte in città come “sintomo” del malessere urbano

L’arte odierna si produce più nelle metropoli che in provincia, forse perché è più necessaria per chi è lontano da campagne e natura. Più grande è una città, più ha bisogno di arte per riscattarsi dall’ingiustizia collettiva e dall’insoddisfazione strisciante. In pratica, il grado di produzione artistica di un luogo potrebbe essere uno dei “sintomi” del grado di malessere di quel luogo.

Si afferma che la provincia non offre le opportunità intellettuali e artistiche che trovano invece humus nelle metropoli. Ma se, per vivere eventi e fermenti artistici tipici delle metropoli, bisogna sottostare a pratiche climalteranti che umiliano l’intelligenza collettiva, a dispetto della vivibilità umana e della sostenibilità urbana, quei fermenti di artistico sono solo forma, involucro vuoto. A che serve l’arte se non è in grado di contrastare l’ingiustizia dell’epoca attuale che consiste nelle insostenibilità sociali ed ambientali, ormai un tutt’uno?

Probabilmente le grandi città, più dei piccoli centri, sono humus di forte produzione artistica perché ne hanno bisogno più di qualunque luogo. L’infelicità diffusa e l’alienazione dell’uomo avvengono in proporzione alle dimensioni di una comunità: con la crisi dei sistemi di scala, più grande è una città, più ha bisogno di arte per riscattarsi dall’ingiustizia collettiva e dall’insoddisfazione strisciante. In pratica, il grado di produzione artistica di un luogo potrebbe essere sintomo del grado di malessere di quel luogo.

Nessun museo, teatro o centro culturale napoletano può essere motivo, ad esempio, di sottomissione dell’uomo all’alienante traffico veicolare di Napoli e Roma: solo chi, ormai abituato, ne può restare inconsapevole schiavo. Appunto i fermenti artistici dovrebbero spezzare le catene di quella schiavitù invisibile all’occhio nudo della quotidiana assuefazione. Per ora, solo una piccola parte dei napoletani e dei romani, disillusi dalle seduzioni metropolitane, rinunciando alla carriera e alla mondanità intellettuale, si stanno trasferendo in provincia e in campagna. Questi hanno messo a profitto i fermenti culturali metropolitani e ora, in provincia, ne hanno meno bisogno: anzi sono loro stessi, uniti all’entroterra e agli stili di vita sostenibili, il fermento artistico del XXI secolo. Sono arte in prima persona.

Probabilmente l’emozione che si vuole generare nello spettatore dinanzi a un’opera d’arte è succedanea a quella a cospetto di una montagna o un giardino. Arte in natura e diretta che ci rimette in comunione con l’universo. Ogni contadino, come anche ogni provinciale, prevalentemente si nutre quotidianamente, anche senza saperlo, di arte in natura, di universo. Magaru Van Gogh, con i suoi dipinti, voleva incoraggiarci alla natura sotto casa di ognuno di noi, la campagna. Invece, molti hanno inteso che, per dare seguito al grande artista, bisogna prendere l’aereo, attraversando non luoghi tecnologici e alienanti, per ammirare quella libertà della natura rappresentata nei suoi quadri ormai imprigionati nei musei.

Alessio Masone
Foto Vittorio Palmieri