Disarmiamoli

“Disarmiamoli”, perché “Israele è lo Stato più pericoloso del mondo”, assieme agli USA

Riflessione all’indomani della manifestazione “Disarmiamoli” (pro-Palestina, antiriarmo e anti Nato) a Roma di ieri, 21 giugno, promossa da Potere al Popolo e USB. Tra la riflessione di oggi e le proteste di ieri, le bombe di stanotte degli Stati Uniti sull’Iran. Presente al corteo di oltre 10.000 persone anche il Collettivo Hurriya, partito con la delegazione di Potere al Popolo – Sannio

Il maniaco serial killer di popoli Benjamin Mileikowsky (vero cognome del premier nazisionista di Israele) continuerà a sterminare. Lo stato terrorista continuerà a uccidere e terrorizzare. Quando l’orrore sarà su tutti i libri di Storia qualcuno di noi avrà almeno la magra consolazione di poter dire ai nipotini “Abbiamo urlato nelle strade di Roma, delle nostre città e dei nostri paesi contro il genocidio”. Vergogna eterna per i complici mediatici che occultano la verità con i “se” e con i “ma”, a reti sostanzialmente unificate, vergogna per gli ignavi indifferenti che non vedono nella macelleria mediorientale i prodromi della prossima mattanza generale, vergogna per chi potrebbe studiare la Storia invece di riprodurre le onde radio delle idiozie abissali della propaganda occidentale. Una propaganda che stabilisce i cattivi del mondo a tavolino, in base a ottusi criteri etnocentrici, anziché sulla base della reale offensività geopolitica, delle bombe realmente sganciate, delle invasioni condotte, dei morti ammazzati, dei bambini disintegrati assieme al loro ultimo prezioso pezzetto di pane. Perché, ovviamente, se il criterio fosse questo, dovremmo autoincluderci nella lista dei cattivi, al primo posto, come membri dell’alleanza fintamente difensiva più pericolosa al mondo, l’obbrobbrio della Nato imposta ai popoli europei autodistruttisi con due guerre mondiali.

Il sangue dei nativi americani, dei popoli africani e asiatici colonizzati e schiavizzati grida vendetta dal sottobosco delle nostre finte democrazie, grava sulle nostre coscienze come la maledizione del cimitero indiano di Shining, mentre mettiamo una X rosso sangue su tanti popoli “che non rispettano i diritti umani” (a differenza nostra che seminiamo morte politicamente corretta), chiamando in causa, con crudele ironia e complevole ignoranza e a mero titolo di esempio, l’estremismo islamico finanziato ad arte dagli angloamericani (Operazione Cyclone e simili). «Questo non è il genocidio fatto da Israele, è un genocidio fatto dall’Occidente», ha spiegato ieri il portavoce di Potere al Popolo Giuliano Granato, stigmatizzando la retorica di Tajani sui «feriti palestinesi accolti in Italia, dopo che la stessa Italia vende armi alla stessa Israele che provoca quei morti e quei feriti».

Ebbene, ieri purtroppo abbiamo marciato divisi perché l’altro corteo (Rifondazione e Arci – noi con Potere al popolo USB) preferiva evitare ogni riferimento alla Nato per propiziare possibili intese nel “campo largo”. Qualche ora dopo, poco prima delle due di notte, stanotte, gli Usa hanno bombardato l’Iran, dando ragione a chi ha ritenuto irrinunciabile chiedere, come sempre, l’uscita dell’Italia dal patto col diavolo della Nato. Il tavolo delle trattative era aperto. Dagli accordi sul nucleare iraniano era uscito Trump nel 2018. L’accusa all’Iran di produrre l’atomica è attestata almeno dagli anni Ottanta. L’Aiea ha eseguito regolari ispezioni e non ha rinvenuto alcuna prova in merito (al contrario, all’Aiea non è concesso ispezionare il “misterioso arsenale nucleare di Israele”, che però è libera di dare del cornuto all’asino grazie alle ipocrisie distillate dal soft power americano). L’atomica dell’Iran è come le armi chimiche dell’Iraq, mai esistite. L’ennesima bugia di un complesso economico-militare dedito al culto di sangue e denaro.

Se questo segnerà l’inizio di un conflitto di proporzioni più ampie, le colpe ricadranno su Israele, sugli Stati Uniti e sugli accidiosi stati e popoli europei. Che sono chiamati a far sentire la loro voce, oggi come ieri, oggi più che mai, perché «tutto fugge il passato per andare verso il futuro, ma tutto deve vivere nel presente, poiché nel futuro i meli non fioriranno» (Kazimir Malevic).

Alessandro Paolo Lombardo