La questione ucraina e il Donbass, punto caldo di un conflitto strategico mondiale

Ucraina

Le tensioni in Ucraina chiamano in causa un più vasto conflitto strategico mondiale tra grandi potenze che si riversa in aree ristrette del globo, come nel caso della Siria. Il punto della situazione secondo il Coordinamento Solidale per il Donbass, nato 5 anni fa a Benevento

Il conflitto civile ucraino ha oramai raggiunto livelli feroci di violenza da parte delle due fazioni in campo. La regione orientale di questo Stato europeo, il Donbass (regione industriale e mineraria sin dal periodo sovietico), paga oggi a suon di bombardamenti la volontà dei suoi abitanti russofoni di non essersi sottomessi ai diktat del regime golpista di Kiev, appoggiato militarmente e moralmente dall’Occidente euro-americano. Vediamo brevemente la storia di questo conflitto e cerchiamo di chiarire cosa stia davvero succedendo e quanto i nostri media nascondono.

L’Ucraina attuale è uno Stato che deve la sua esistenza alle decisioni strategiche della nomenklatura sovietica della vecchia URSS. ‘’Ucraina’’ significa infatti terra di confine, in russo. Questo termine fu considerato adatto a chiamare una Repubblica socialista sovietica posta fra la SSR Russa (Repubblica socialista sovietica), e i confini dell’intera Unione (l’URSS) con i paesi europei non comunisti degli anni Venti e Trenta. Data l’origine particolare di questo Stato, la composizione etnica di tale territorio risulta essere particolarmente variegata e problematica. Le genti occidentali, infatti, sono per lo più di origine rutena e polacca, cattoliche in materia di tradizione religiosa, storicamente abitanti delle ex province meridionali dello scomparso regno di Polonia-Lituania. La parte orientale è, invece, russofona e ortodossa per tradizione e origine storica, spesso inglobata nei vari stati russi orientali come la Moscovia, da cui nascerà un giorno l’attuale Russia. E’ rivelante il fatto che a Kiev, nel X secolo d.C., fu fondata la Rus’ da parte del principe Rjurik di stirpe normanna, e che con il principe Vladimir, nel 988 d.C. avvenne il battesimo di massa che segna la data convenzionale della nascita della nazione-civiltà russa. In seguito allo scioglimento dell’URSS (Natale del 1991), l’Ucraina divenne indipendente nei confini attuali, ereditando quel complesso quadro storico-etnico e i potenziali conflitti fra gruppi così diversi.

La parte russa agognava a una riunione con la più grande madre patria a oriente, la Federazione russa; laddove invece gli abitanti d’occidente ucraino vedevano l’Europa di Bruxelles e del mercato unico come loro naturale bacino di sviluppo. Divisa quasi a metà, l’Ucraina era comunque prigioniera anche di giochi di potere internazionali che ne minavano la pace. Nel 2004 avvenne la cosiddetta rivoluzione colorata, alimentata politicamente, economicamente e mediaticamente dall’Occidente (Usa, Gran Bretagna, Francia e Israele) con lo scopo di allontanare la leadership filo-russa (o semplicemente autonomista) dell’Ucraina, sostituita da Julija Tymošenko, notoria oligarca filo-occidentale. Da allora in poi l’Ucraina è stata strappata da conflitti politici fra le due leadership in conflitto per il controllo dello Stato. Nel febbraio del 2014, il presidente della repubblica ucraina regolarmente eletto Viktor Janukovyč è stato fatto cadere da un’altra rivoluzione di piazza artatamente preparata e ben studiata dai soliti attori occidentali e locali, che pose al governo l’ex funzionario della BCE Arsenij Jacenjuk e poi, successivamente all’atto di forza, l’attuale presidente Petro Oleksijovyč Porošenko, magnate del cioccolato e affarista ucraino. Tra i primi atti del nuovo corso ‘’occidentalisitico’’ del governo di Kiev fu imposta l’abrogazione dell’insegnamento del russo nelle scuole private e pubbliche di tutta l’Ucraina (si ricordi che il 40% dei cittadini ucraini russo dalla nascita), misure di repressione per i dissidenti politici non filo-governativi, l’austerity finanziaria della BCE e il raddoppio delle tasse.

A maggio del 2014, la Crimea, storicamente penisola russa ceduta all’Ucraina dal connazionale Nikita Sergeevič Chruščёv negli anni ’50 (nel quadro comune dell’Unione Sovietica di cui facevano allora parte sia la Russia che la Ucraina) opta per il ritorno alla madre patria russa e, per mezzo di regolare referendum con oltre 200 osservatori internazionali di controllo, ottiene l’unificazione alla Federazione russa. Subito dopo iniziano i bombardamenti delle zone russofone del resto dell’Ucraina da parte kievita che hanno causato la rivolta delle zone russofone del Donbass, in nome della propria sopravvivenza. Il governo di Kiev ha giudicato utile usare le bombe a grappolo GRAD, le bombe al fosforo e impiegare piloti polacchi prestati dalla NATO (gli ucraini veri non sono molto contenti di sparare a dei parenti, in fondo) per ridurre al silenzio tale opposizione. I miliziani, pur supportati umanitariamente dalla Russia e da liberi volontari russi, non costituiscono un esercito e non hanno armate professionali al loro fianco: il numero di morti è notevole, compreso di donne e bambini, centinaia di migliaia di ucraini profughi di entrambe le aree linguistiche che fuggono verso la Russia per salvarsi dai combattimenti; l’uso di mercenari ceceni, israeliani e polacchi la dice lunga sull’interesse reale delle potenze occidentali dietro al governo golpista di Kiev.

Ci troviamo quindi di fronte a un più vasto conflitto strategico mondiale tra grandi potenze che si riversa in aree ristrette del globo come l’Ucraina o la Siria di Baššar H. al-Asad, in cui la collisione tra le proprie rispettive zone di influenza diviene conflitto armato. In particolare, c’è un forte interesse USA per la caduta dei paesi dell’area ex sovietica, per circondare l’intera Russia affinché non possa tornare ad essere una grande potenza (ciò che la leadership di Vladimir V. Putin fa presagire) e ottenere quel controllo geopolitico regionale che garantirà ancora l’egemonia americana sul mondo. Nel gioco degli scacchi, come sappiamo, i vari pezzi possono fare solo delle mosse precise e limitate (il cavallo si muove a L, il pedone di una sola casella alla volta). Per conseguire la vittoria, la chiave del gioco sta non tanto nel numero (che è uguale per entrambi i giocatori all’inizio) ma nell’intelligenza strategica di posizionamento e uso dei pezzi: così facendo si massimizza la possibilità di intervento di ogni singolo pezzo, bloccando la libertà di movimento dell’avversario o di manovra del pezzo proprio. Immaginiamo che il mondo sia una immensa scacchiera rotonda. Se gli Stati Unti d’America ottenessero l’ingresso dell’Ucraina nella NATO (non a caso il vicepresidente di Washington Joe Biden è stato più volte alla Rada, il parlamento di Kiev), nascerebbero basi missilistiche e radiofoniche USA a meno di 500 kilometri da Mosca. Ciò significherebbe “chiudere” lo scacchiere e tenere la Russia a guinzaglio: uno scenario di impedimento militare effettivo – poiché i “pezzi” russi sarebbero minacciati subito sul loro stesso suolo dai missili americani. In tale scenario, la sovranità della Russia sarebbe ridotta anche nel suo stesso territorio nazionale. Può la più grande nazione del mondo, con il maggior numero di risorse materiale del pianeta e un popolo ancora dotato della memoria e della dignità sua propria, accettare una cosa del genere?

Sempre in Ucraina, inoltre, passano oleodotti e gasdotti che riforniscono l’Europa di energia dalla Russia, che ovviamente sono indice di importanza della nazione russa per il Vecchio continente a cui la Russia appartiene storicamente e culturalmente (oltre che geograficamente, quale ponte naturale fra Est e Ovest). Una divisione tra Russia ed Europa avvantaggia di certo altri attori più che gli europei o i russi stessi. Fino ad ora, le sanzioni “contro la Russia” hanno causato enormi danni economici ai paesi europei per l’approvvigionamento di idrocarburi e gas a buon prezzo, costringendo gli europei a comprare gli stessi dagli Usa a costi elevati, essendo trasportati via mare a mezzo di navi. E’ dunque interesse della superpotenza d’oltre oceano dividere il Vecchio continente in paesi occidentalisti e paesi nemici o da odiare (come la Russia e le genti del Donbass). Osserviamo un accerchiamento dell’Europa da parte del caos e dell’anarchia terroristica sempre più incontrollabile, conflitti etnici e odio socialmente organizzato verso terzi (russi del Donbass, oppure Musulmani non americanizzati non mediaticamente corretti), effetti precisi dell’applicazione  da parte americana della dottrina del dividi et impera di Zbigniew Brzezinski (ex consigliere geopolitico dei presidenti Jimmy Carter e Bill Clinton, tutt’oggi la sua dottrina è seguita dall’establishment di Washington).

Auspichiamo da parte nostra che gli europei acquisiscano libertà di giudizio e di autodeterminazione e non si lascino condizionare nelle opinioni e nei propri interessi statuali da super potenze in declino extra europee che difendono i propri interessi evidentemente in conflitto con i bisogni continentali. Abbiamo tutti gli interessi umanitari, strategici e culturali, in quanto cittadini di un unico continente da Lisbona a Vladivostok, affinché il conflitto ucraino sia risolto pacificamente, e si realizzi infine l’integrazione tra l’Ucraina, la Russia e l’Europa quali eredi comuni della civiltà cristiana-romana e abitanti del medesimo Grande Spazio geografico. Che lo vogliano o no gli Stati Uniti (che sono una nazione di un altro continente, dopotutto), l’integrazione è un processo naturale per paesi contigui come quelli del nostro Continente.

Giuseppe Esposito
Foto concessa da: http://angelann.ru