L’accelerata modernità ci ha costretti, almeno apparentemente, a rallentare. Confusi e reclusi (ancora per poco, pare) non possiamo che tornare col pensiero al mondo semplice, rurale dei nostri nonni, a quando «si stava meglio anche se si stava peggio». E allora ci facciamo guidare in un giro videografico sulla Francigena dal sassofonista Ettore Patrevita, dal fotografo Luca Vernacchio e dal chitarrista Simone Ielardi, giovani creativi sanniti che hanno firmato il reportage “Francigena Walking Tour”.
Una passeggiata nel tempo e nella memoria dei luoghi e dei suoi abitanti. Un viaggio fatto di natura, storia e racconti, tra Casalbore, Buonalbergo, Savignano Irpino, Greci e tanti altri paesi che sono stati micromondi, prima che il mondo si miniaturizzasse a sua volta. Protagoniste di “Francigena Walkin Tour” sono le voci di chi sa accogliere, di chi sa raccontare, di chi ha visto cambiare il mondo intorno a sé non riconoscendolo più, ma adattandosi con nostalgia e speranza al futuro. Quelli che oggi sono piccoli centri quasi disabitati, con tanti anziani e pochi giovani, erano ancora, oltre la prima metà del Novecento, vivaci e animati testimoni di un mondo fatto di grano, pascoli, torchi, zappe, duro lavoro, piccole botteghe di artigiani. Questo mondo dei nonni è ricordato, celebrato e al contempo relegato a vivere nelle “storie”. «Il reportage – spiega Patrevita, ideatore del progetto – è il prosieguo ideale di un mio album che s’intitola “Vascianza”, ovvero discrepanza del terreno o, per la precisione, una crepa creata dal terreno infertile. Questa crepa indica metaforicamente il disagio che viviamo nei nostri paesi. Allo stesso tempo “Vascianza” è anche una via, un luogo molto suggestivo di Casalbore, dove sono cresciuto chiedendomi perché molti artisti si siano sentiti costretti a lasciare i propri paesi per esprimersi appieno». Ma il sogno di una nuova generazione è che questi borghi abbandonati da se stessi possano ritrovarsi, diventando presidi di un altro modo di stare oggi al mondo.
L’itinerario della Francigena potrebbe essere un’occasione per restituire il “passaggio” a delle terre di passaggio tagliate fuori dalle rotte della modernità, rotte fatte di più asfalto ma meno passi. «Dalle nostre parti – spiega ancora Patrevita – non c’è un vero e proprio percorso della Via Francigena, un itinerario ben preciso. Si dice che da Roma in giù il percorso sia quasi immaginario». D’altronde oggi abbiamo bisogno di percorsi invisibili ancora più che di strade concrete. Attraversare la terra sulle antiche vie di pascoli e pellegrini è un’occasione per considerare con occhi diversi lo spazio della nostra esistenza, conoscendolo davvero, ritrovando tutta la storia che ha calpestato quegli stessi sentieri. Una storia fondamentale, oggi che il cuore delle comunità sembra battere al di fuori di se stesse. I piccolo paesi, infatti, sono ormai organizzati come agglomerati urbani, dipendenti dalle produzioni e dai comfort offerti dall’esterno, a scapito delle botteghe e piccole attività di un tempo magro ma non privo di fermento: «Prima c’stevan’i negoz’, generi alimentari, tant’cose, mo non c’sta nient’cchiù. A me u paese nun m’piac’, t dic’a verità, troppo ’na confusion’ d’ machine», lamenta Maria di Casalbore.
Fa pensare a quanto vale la modernità, ora che essa è contro di noi, a quanto essa ci ha reso soli e diffidenti: «‘Tann eravam’ tutti felici e cuntent; nu vecchiarell pijav’ l’acqua u paese cu’ u catin’, truvav un’e vuj giuvan’ e c’dav’ na mano, c’hu purtav iss a cas’. Mo se è na cosa t’u sbatton n’front’» dice con ironia Armano, della contrada di S. Maria dei Bossi. La nostalgia degli anziani e la noia dei giovani camminano insieme nel deserto delle possibilità, ma c’è chi non vuole abbandonarsi alla frenetica contemporaneità in cui è nato, adeguando il mondo moderno al mondo del passato; c’è chi vuole «tenere duro e credere nelle potenzialità del territorio, mettendovi nuova passione», sostiene Nicola Gliatta, giovane consigliere comunale di Greci, paese irpino dall’identità arbereshe.
Sarà questa la sfida determinante delle aree interne, che potrà forse trarre qualche beneficio dalla possibile “estate del turismo interiore” oppure trovare una battuta d’arresto nel rinnovato desiderio di partire dopo mesi di reclusione, macinando chilometri per riscattare tutti quelli che non sono stati “consumati” in due mesi. «Probabilmente rimetteremo i piedi su quell’acceleratore e ricominceremo a correre, perché qualcuno dice che abbiamo perso i consumi, ma questo è sbagliato», constata con un po’ di amarezza Vernacchio, surreale fotografo che ha imbracciato la zappa e si è dato alla terra sostenendo di non conoscere «una strada migliore per fermare quello che sta avvenendo». Per provare a trovare la nostra strada, insomma, proviamo a perderci nella Francigena videografica con l’immaginazione. Scopriamola, ascoltiamola, prepariamo lo zaino e lasciamolo pronto, accanto alla porta. E’ il momento di ritrovarci, e uscire allo scoperto.
Ylenia Giorgione